Il territorio di Monticelli nel Medioevo (nuove ipotesi)

di Alberto Pucci

La comunità di Monticelli è menzionata nei documenti sempre insieme a quella di Torri, nonostante siano due luoghi diversi, distanti non più di un paio di chilometri[1]. Con il trascorrere del tempo, però, si è persa la memoria dell’ubicazione di Monticelli, sebbene la sua esistenza non sia mai stata messa in dubbio[2]. La delimitazione di Torri, invece, è sempre stata conosciuta. Ciò è dovuto al fatto che, mentre il primo insediamento non esisteva già più alla fine del Medioevo, quello di Torri è ancora oggi abitato.

Sulla localizzazione di Monticelli esistono due opinioni diverse, entrambe risalenti a circa un secolo fa: quella di A. Butelli[3], che collocava il villaggio sulle pendici del Monte Lavacchio, nella zona dell’odierno Fosso della Cappuccia[4], e quella di E. Fantappiè[5], che lo posizionava, invece, nel territorio dell’attuale Torraccia.

Negli anni successivi gli studiosi hanno aderito all’una o all’altra ipotesi. Alcuni hanno mostrato di essere d’accordo con il Butelli[6], mentre altri si sono orientati per la tesi del Fantappiè[7].

Oggi, confrontando queste opinioni soprattutto con le carte della Badia a Taona, è forse possibile trovare un punto d’incontro fra le due posizioni[8].

Innanzitutto, si può affermare che non risulta che il villaggio di Monticelli fosse più antico di Torri, anzi è più probabile che fosse il contrario[9]. Torri, infatti, è ricordato nel 982[10], 1021[11], 1034[12], mentre la prima menzione di Monticelli si ha solo nel 1052[13].

Un altro luogo comune da rivedere è che Monticelli debba essere considerato come un castello o una fortezza.

Nelle lettere inviate al Comune di Pistoia, il papa Onorio III aveva definito castra Fossato, Torri e Monticelli[14]. Di conseguenza, i primi storici ad occuparsi dell’argomento avevano accettato questa enunciazione, senza però considerare la lontananza della Santa Sede dai territori della montagna pistoiese e quindi la mancanza di una conoscenza diretta di quei luoghi da parte del pontefice[15].

Alla luce degli studi attuali, invece, se è vero che Torri è indicato come castrum già a partire dai documenti più antichi[16], è vero anche che Monticelli è ricordato sempre come vicus o villa, cioè come villaggio, e mai come castello[17]. Per di più, in una cartula offertionis del 1114, i numerosi beni che furono donati al monastero di San Salvatore della Fontana Taona, fra i quali alcuni situati a Torri e a Monticelli, sono indicati come ubicati tam in castello de Turri quam in villis, ribadendo in tal modo la netta distinzione tipologica fra le due località[18]. La stessa differenziazione è affermata, inoltre, in una delibera del Comune di Pistoia[19].

Un’altra considerazione da fare è che il territorio di Monticelli non poteva essere circoscritto a poco più di qualche ettaro, cosa che invece sarebbe se si accettasse l’ipotesi che fosse esteso soltanto nei pressi del Fosso della Cappuccia oppure solo nella località detta oggi Torraccia.

Dalla lettura delle carte della Badia a Taona possiamo dedurre che la maggior parte del sostentamento della popolazione era dovuto alla coltivazione del castagno, al punto che si è supposto anche un parallelismo fra incremento-decremento della popolazione di Monticelli e aumento-diminuzione dei castagneti[20]. Gli atti notarili riguardano spesso la compravendita, le permute e le donazioni di terreni coltivati a castagno[21]. Ebbene, un castagneto non poteva essere compreso in pochi metri quadrati, ma doveva avere un’estensione di almeno mezzo ettaro, ossia di mq. 5000 o, per dirla con le misure del XIII secolo, di circa 4 staiori[22]. Questo tipo di coltura, inoltre, richiedeva una cura costante, al punto che, se la produzione di castagne con il trascorrere del tempo iniziava a diminuire, era necessario intervenire con nuovi innesti e altri lavori specialistici[23]. Occorreva perciò anche uno spazio ove riporre le varie attrezzature e, soprattutto, servivano dei seccatoi adatti a produrre la farina. Tutto ciò, naturalmente, contribuiva ad aumentare la superficie necessaria per la raccolta e la lavorazione. Oltre ai castagneti, poi, vi erano le case, gli spazi per gli animali, i terreni colti e incolti e tutti gli altri luoghi propri di una comunità. Se noi sommiamo tutte queste superfici, ci accorgiamo che il territorio di Monticelli non poteva essere limitato all’area in cui fino ad ora è stato circoscritto. Gli abitanti che vendevano o acquistavano i terreni entro i confini del villaggio dovevano certamente contare su un’estensione di terreno sufficiente per vivere.

Un’altra riflessione va fatta sul luogo in cui le abitazioni furono costruite. Certamente si sarà tenuto conto della natura del terreno, dell’esposizione al sole e della possibilità di usufruire dell’acqua. Le case non potevano essere edificate in un pendio troppo ripido (come sarebbe se fossero state erette sul monte Lavacchio, ossia alla destra del Fosso della Cappuccia), bensì in uno spazio più pianeggiante e quindi più accogliente e favorevole alla vita di ogni giorno. Nei documenti della Badia a Taona, infatti, è indicata la località Lavacchio e non il villaggio di Monticelli, come invece ci si sarebbe dovuto aspettare se quest’ultimo avesse occupato unicamente queste pendici[24]. D’altra parte, un atto di vendita di un appezzamento di terra situato a Monticelli presenta la data topica Lavachia, e questo potrebbe far supporre che Monticelli non solo non era distante da questo luogo, ma doveva estendersi, almeno in parte, anche su questo monte[25].

Oggi il territorio di Monticelli è attraversato dalla via comunale. Nel Medioevo naturalmente non c’era, ma inconsciamente tendiamo lo stesso a distinguere la zona di sopra e quella di sotto la strada, ossia, per alcuni, “l’antico Monticelli” e la “Torraccia”. Dobbiamo invece considerare la zona in modo unitario. Il sentiero che saliva dal fondovalle della Limentra orientale portava a Monticelli e proseguiva poi per Treppio, oppure, passando per Torri, conduceva al monastero di San Salvatore di Fontana Taona. Era un percorso di non secondaria importanza, poiché, attraversando i ponti di Fossato e di Lentula, ad est portava verso Stagno, Bargi e, ad ovest, passando per Badi, si congiungeva con la strada della Sambuca. Questo itinerario, costituito per la maggior parte da mulattiere, trova forse oggi un parziale riscontro nella carta dei sentieri (v. figura)[26]. Il tracciato, infatti, potrebbe corrispondere almeno in parte alle antiche strade medievali che collegavano tra loro i villaggi, le chiese e i monasteri e lungo le quali sono visibili ancora oggi varie testimonianze, come il Sasso del Consiglio, La Buca del Diavolo, Il Sasso di Catiro, Il Sasso alla Pasqua[27].

Monticelli faceva dunque parte di un importante sistema viario. Non a caso, in diversi documenti riguardanti la compravendita di terreni sotto la giurisdizione di Monticelli sono spesso ricordate alcune strade come segno di confine: nel 1231 viene venduto un terreno a Monticelli confinante con la via maioris[28]; nel 1232 i diritti posseduti in la plaza et in lo trebio de Montesellia[29]; nel 1244 un castagneto confinante con la via comunale[30]; nel 1250 e nel 1251 terreni limitrofi alla via[31].

Monticelli, dunque, non era un villaggio “fortificato”, come Torri, ma un villaggio “aperto” in cui la comunità, essenzialmente agricola e pastorale, attendeva pacificamente al proprio lavoro. Inoltre, la sua giurisdizione non era limitata alla zona posta intorno al Fosso della Cappuccia oppure alla sola Torraccia, ma aveva un’estensione maggiore, comprendendo sia queste località sia altre.

In un certo senso il Butelli aveva intuito che Monticelli e la Torraccia facessero parte del medesimo territorio, ma non era andato più a fondo perché pensava ancora a Monticelli come un castello o una fortezza e quindi a un luogo chiuso, limitato[32].

Don Anselmo Mattei, invece, pur riprendendo per Monticelli l’ipotesi che fosse un castello, aveva affermato chiaramente che il paese del piano della Torraccia, Pianacci, o Casaccia, tutti luoghi vicini, fosse l’antico paese di Monticelli e che la Torraccia fosse un caposaldo avanzato di detto castello[33].

Oggi, con l’aiuto dei documenti notarili del monastero di San Salvatore a Fontana Taona, possiamo avere un’idea più precisa della sua posizione geografica.

Se in un atto di donazione del 1086[34] sono considerate indipendenti varie località, fra cui Cerro, Monticelli e Monte Femmina, in un atto di vendita del 1118 viene detto esplicitamente che la località Cerro si trovava sotto la giurisdizione di Monticelli, segno che era passata sotto la proprietà di un abitante di questo villaggio. Si tratta del noto documento in cui Iohannes q. Alberti de vico Monticelga cum Ermingarda que est mater vende al monastero di San Salvatore, causa egestatis et paupertatis, medietatem ex uno castagneto cum terrula sua quod iacet in pertinentia de predicto vico, ubi dicitur Cerro[35]. La località Cerro esiste tuttora ed è situata sulle pendici settentrionali del Monte Lavacchio[36]. Da questa zona scendeva la strada che portava alla Limentrella e poi risaliva verso Treppio.

Lo stesso si può dire a proposito della località Albarita o Albareta. Se nel 1068[37] Albarita era situata entro i confini di Torri, nel 1235[38] Albareta faceva parte di Monticelli ed era l’oggetto di un atto di vendita: Corsolinus q. Giani dicti loci (Monticelli) vendidit Incontro q. Iacoppi proprietatem unius petie terre castagnetose (…) posite in confinibus Monticelli in loco qui dicitur Albareta. Nel 1267[39] è citata di nuovo questa località, anche se, in questo caso, non è specificata un’appartenenza diretta a Monticelli. Tuttavia, poiché tutti gli altri terreni citati nel testo lo sono, si può supporre che, in quel periodo, sia ancora sotto la sua giurisdizione. Questi toponimi sono probabilmente identificabili con l’odierna Alberete, una zona con prevalenza di castagni situata sulla destra del Fosso della Cappuccia ed a valle della strada rotabile da Lentula a Torri[40].

Un altro importante documento che ci illumina sull’estensione del territorio di Monticelli risale al 1250[41]: Maria, vedova di Incontro, concede alla chiesa di San Martino di Monticelli unum petium castagneti positi infra confines Montiselli ad Cerredolum[42]. La località Cerredolum è verosimilmente da identificare con l’odierna Cerredoli, che è un tratto a limitata pendenza della dorsale tra la Limentra orientale e la Limentrella[43], situato quindi accanto e poco più in basso rispetto alla Torraccia.

Ci sarebbero altri toponimi facenti parte dell’antico Monticelli, di cui oggi, però, non sappiamo più nulla, per cui sarebbe azzardato tentare un’ipotesi di identificazione. Uno di questi è Buitale: … unum petium terre castagneti positum in territorio de Monticelli in loco dicto Buitale[44]. Un altro è Moscheto: … medietatem pro indivisum unius petie terre castaneata posita in pertinentia Montesellie in loco qui dicitur nel Moscheto[45]. Interessante è poi il toponimo Capanacci, menzionato in un atto in cui Parte e suo figlio Rubellotto, con le rispettive mogli Bona e Angelica, vendono a Incontro unum petium terre castaneate positum ad Capanacci confinato da ecclesie de Montiselli, dalla via e da altri proprietari[46]. Capanacci potrebbe alludere a “Capannacci”, ossia a delle capanne in rovina. Con il passare del tempo, però, potrebbe anche essere stato modificato nell’attuale toponimo “Pianacci”, conosciuto almeno fino dal Seicento[47], vale a dire un piccolo gruppo di case adiacente alla Torraccia, vicino all’oratorio di San Martino e situato lungo la vecchia strada che portava a Torri, disposto in un terreno quasi pianeggiante molto favorevole ad un insediamento.

Prendendo spunto da questi documenti si può quindi affermare che Monticelli non doveva essere circoscritto alle pendici del monte Lavacchio, ma doveva comprendere anche le località di Alberete e della Torraccia, giacché si estendeva oltre queste ultime almeno fino a Cerredoli[48]. Era un villaggio con case e terreni coltivabili e con i castagneti come coltura predominante. Non era un castello o una fortezza, anche perché ciò non era necessario: gli abitanti si sarebbero potuti rifugiare, in caso di pericolo, nel vicino villaggio fortificato di Torri. Probabilmente nella sua giurisdizione fu eretta almeno una torre di guardia, capace di osservare Treppio, Fossato e le strade che salivano dal fondovalle. Questa struttura, tuttavia, non faceva parte di una fortificazione, come supposto, anche se può essere plausibile che il toponimo Torraccia derivi da una torre in rovina, ma doveva essere un posto di vedetta molto utile per il castello di Torri il quale non aveva una visibilità diretta del territorio limitrofo.

I principali sentieri nella valle della Limentra orientale

(elaborazione di F. Matteoni)

A. Pucci, Il territorio di Monticelli nel Medioevo (nuove ipotesi), “Nuèter”, XLII, n.84, Porretta Terme, Gruppo di studi alta valle del Reno, dicembre 2016, pp.334-340.


[1] La ragione è che formarono un unico Comune rurale (Liber finium districtus Pistorii (a. 1255) (in seguito Liber finium); Liber focorum districtus Pistorii (a. 1226) [ma 1244 circa], a cura di Q. Santoli, Roma 1956 (“Fonti per la storia d’Italia”, 93), pp. 245-247, 312. Insieme a Treppio e a Fossato, inoltre, fecero parte della stessa podesteria (Breve et ordinamenta populi Pistorii anni MCCLXXXIIII,ripubblicato in Regesta Chartarum Pistoriensium (in seguito RCP), Statuti pistoiesi del secolo XIII, a cura di R. Nelli e G. Pinto, II, pp.104-105; Statutum potestatis comunis Pistorii (1296), ibidem, III, pp.17-18.

[2] M. Salvi, Delle historie di Pistoia e fazioni d’Italia (in seguito Salvi), Roma 1656-1662 voll. I e II, passim; Storie pistoresi, MCCC-MCCCXLVIII, ristampa anastatica a cura di R. Nelli, Pistoia 2011 (“Fonti storiche pistoiesi”, 19), passim; A. F. Zacharia, Anecdotorum Medii Aevi maximam partem ex archivis Pistoriensibus collectio (in seguito Zacharia), Torino 1755, passim; J. M. Fioravanti, Memorie storiche della città di Pistoia (in seguito Fioravanti), Lucca 1768, passim. Si consideri anche il manoscritto dell’Ottocento in R. Zagnoni, Una “storia” inedita di Treppio, Torri e Fossato, in “Nuèter”, XIV, 1998, n.28, Porretta Terme, pp. 82-87.

[3] A[tanasio] B[utelli], Intorno a Treppio (in seguito Intorno a Treppio), Firenze 1918, p.10.

[4] Dizionario toponomastico del Comune di Sambuca Pistoiese (in seguito Dizionario toponomastico di Sambuca), a cura di N. Rauty, Pistoia 1993, p. 105.

[5] E. Fantappie’, Il comune di Cantagallo e le sue fazioni (in seguito Il comune di Cantagallo), Firenze 1903, p. 24.

[6] R. Zagnoni, Note storiche sulla chiesa di San Martino di Monticelli nei secoli XI-XVII (in seguito Note storiche), “Nuèter”, XIX, 1993, n. 37, Porretta Terme, p.136; M. Bruschi, L’antico Monticelli e S. Martino alla Torraccia. Nuove considerazioni, “Nuèter”, XXIX, 2003, n. 57, Porretta Terme, p. 45; Dizionario toponomastico di Sambuca, p. 123.

[7] N. Rauty, Il castello di Torri dalle origini all’età comunale (in seguito Il castello di Torri), in Torri e il comprensorio delle Limentre nella storia, Porretta Terme-Pistoia 1995 (“Storia e ricerca sul campo fra Emilia e Toscana”, 3), pp. 10-11; L. De Marchi, Primi risultati di una ricerca di archeologia globale del territorio in val Reno, “Nuèter”, XXVII, Porretta Terme, 2001, n. 54 (“Nuèter-Ricerche”, 20), pp. 350-351.

[8] Le carte della Badia a Taona sono state regestate in RCP, Monastero di San Salvatore a Fontana Taona, Secoli XI e XII (in seguito Taona, secoli XI e XII), a cura di V. Torelli Vignali, Pistoia 1999 (“Fonti storiche pistoiesi”, 15) e in RCP, Monastero di San Salvatore a Fontana Taona, Secolo XIII (in seguito Taona, secolo XIII), a cura di A. Petrucciani, I. Giacomelli, Pistoia 2009 (“Fonti storiche pistoiesi”, 18).

[9] L’opinione che fosse più antico è riportata da R. Zagnoni, Note storiche, p. 136, ed è basata su un documento del 1232. Questa datazione, tuttavia, è piuttosto lontana dalle origini dei due insediamenti.

[10] RCP, Alto Medioevo, 493-1000, Pistoia 1973 (“Fonti storiche pistoiesi”, 2), 98 (982 agosto).

[11] RCP, Canonica di S. Zenone, secolo XI, a cura di N. Rauty, Pistoia 1985 (“Fonti storiche pistoiesi”, 7), 43 (1021 ottobre).

[12] Ibidem, 62 (1034 aprile)

[13] Taona, secoli XI e XII, 17 (1052 maggio 20).

[14] Liber censuum Comunis Pistorii (in seguito Liber censuum), regesto a cura di Q. Santoli, Pistoia 1915 (Fonti storiche pistoiesi, 1), 144 (1221 dicembre 22) e 166 (1222 luglio 16).

[15] Salvi, vol. I, p.136; Zacharia, pp.77-78; Fioravanti, p.62; Il comune di Cantagallo, p. 24; Intorno a Treppio, p. 10.

[16] Taona, secoli XI e XII, 35 (1068 luglio), 38 (1085 settembre 8), 56 (1106 agosto 24), 63 (1114 agosto); Taona, secolo XIII, 328 (1244 agosto 12), 489 (1270 maggio 25), 508 (1273 agosto 10), Appendice II (1396 marzo 25); Liber censuum, 745, 747, 748, 749, 750 (1319 settembre 22),  866 (1382 verso); Le “Provvisioni” del Comune di Pistoia (secolo XIV) (in seguito Le “Provvisioni”), a cura di G. Francesconi, S. Gelli, F. Iacomelli, Pistoia 2015 (“Fonti storiche pistoiesi”, 21) 125 (1330 dicembre 27), 4941 (1352 novembre 12), 5033 (1353 maggio 6).

[17] Taona, secoli XI e XII, 67 (1118 maggio 1), 70 (1118 dicembre 14); Taona, secolo XIII, 332 (1244 dicembre 28); Le “Provvisioni”, 62 (1330 settembre 28), 5033 (1353 maggio 6).

[18] Taona, secoli XI e XII, 63 (1114 agosto).

[19] Le “Provvisioni”, 5033 (1353 maggio 6).

[20] R. Zagnoni, La coltivazione del castagno nella montagna fra Bologna e Pistoia nei secoli XI-XIII, in Il Medioevo nella montagna tosco-bolognese, uomini e strutture in una terra di confine, Porretta Terme, 2004 (“I libri di Nuèter, 35), pp. 443-455. Sulla coltivazione dei castagni e sul loro impiego in generale cfr. G. Cherubini, L’Italia rurale del basso Medioevo, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp.147-171 (edito nuovamente nel 1996).

[21] Taona, secoli XI e XII, 38 (1085 settembre 8), 51 (1103 aprile 5), 52 (1103 aprile 5), 67 (1118 maggio 1); Taona, secolo XIII, 257 (1233 aprile 24), 263 (1234 marzo 31), 266 (1235 novembre 18), 322 (1244 luglio 31), 323 (1244 agosto 1), 324 (1244 agosto 1), 325 (1244 agosto 2), 326 (1244 agosto 2), 327 (1244 agosto 2), 330 (1244 ottobre 1), 332 (1244 dicembre 28), 390 (1250 dicembre 28), 462 (1267 febbraio 8), 467 (1268 ottobre 13),Appendice II (1396 marzo 25); RCP, Monastero di Forcole (1200-1250) (in seguito Forcole), a cura di R. Nelli, Pistoia, 1990 (“Fonti storiche pistoiesi”, 10), 253, 1244 aprile 18, 282, 1250 novembre 27.

[22] Lo staioro pistoiese corrisponde a circa 1266 metri quadrati (N. Rauty, Appunti di metrologia pistoiese, oggi in Idem, Pistoia, città e territorio nel medioevo,Pistoia 2003 (“Biblioteca Storica Pistoiese”, VIII), p.209. In una cartula offertionis del 1054un’estensione di tre staiori è considerata un piccolo appezzamento di terra (Taona, secoli XI e XII, 19, 1054 giugno 5).

[23] In un documento del 1196, sia pure riguardante Fossato, è riportato chiaramente l’impegno da parte del concessionario del terreno di eseguire nuovi lavori entro sei anni per incrementare la produzione (R. Zagnoni, Un documento del 1196 sulla coltivazione dei castagneti a Fossato, “Nuèter”, XXV, 1998, n.49, Porretta Terme, pp. 261-265).

[24] Taona, secoli XI e XII, 110 (1175 marzo 27); Taona, secolo XIII, 226, 1230 settembre 14.

[25] Taona, secolo XIII, 237 (1231 febbraio 9).

 [26]  La figura sulla viabilità nella valle della Limentra orientale è stata elaborata da F. Matteoni sulla Carta turistica e dei sentieri edita dal Comune di Sambuca Pistoiese e allegata a Le valli della Sambuca. Itinerari escursionistici e carta dei sentieri, a cura di P. Balletti e P. Gioffredi, Comune di Sambuca Pistoiese, 1997.

[27] Cfr. L. De Marchi, I sassi scritti delle Limentre, Appennino pistoiese e pratese, Porretta Terme 2000 (“I libri di Nuèter”, 26);R. Zagnoni, Tracce medievali dei massi incisi delle Limentre, “Nuèter”, XXIV, 1999, n. 48, Porretta Terme, pp. 120-121).

[28] Taona, secolo XIII, 237 (1231 febbraio 9).

[29] Taona, secolo XIII, 255 (1232 novembre 25); Il castello di Torri, p. 11.

[30] Taona, secolo XIII, 323 (1244 agosto 1).

[31] Forcole, 282 (1250 novembre 27); Taona, secolo XIII, 392 (1251 ottobre 9).

[32] Intorno a Treppio, p. 10.

[33] A. Mattei, I miei ricordi di Torri e del Monachino, Pistoia 2000, p. 25.

[34] Taona, secoli XI e XII, 39 (1086 febbraio 16).

[35] Taona, secoli XI e XII, 67 (1118 maggio 1).

[36] Dizionario toponomastico di Sambuca, p. 85.

[37] Taona, secoli XI e XII, 35 (1068 luglio).

[38] Taona, secolo XIII, 266 (1235 novembre 18).

[39] Taona, secolo XIII, 462 (1267 febbraio 8).

[40] Dizionario toponomastico di Sambuca, p. 40 (In questo stesso luogo il riferimento del cit. doc. del 1068 è attribuito ad Albereta, ossia a campi in zona pianeggiante sulla riva sinistra della Limentra orientale. Secondo me, invece, dovrebbe essere riferito ad Alberete per la sua maggiore vicinanza al paese di Torri e all’antico Monticelli).

[41] Forcole, 282 (1250 novembre 27).

[42] Nel testo è riportato erroneamente San Marco.

[43] Dizionario toponomastico di Sambuca, p.85.

[44] Taona, secolo XIII, 462 (1267 febbraio 8). Buitale è menzionato anche in altri documenti: ibidem, 323 e 324 (1244 agosto 1), 326 (1244 agosto 2).

[45] Taona, secolo XIII, 257 (1233 aprile 24).

[46] Forcole, 253 (1244 aprile 18).

[47] Dizionario toponomastico di Sambuca, p.135.

[48] Il territorio del Comune rurale di Torri e Monticelli arrivava, infatti, fino alla Limentra; questo fiume segnava il confine con il Comune di Fossato (Liber finium, p. 312).