Intervista di Irina Shemyakina
Traduzione di Andrea Balzarini
Il 6 gennaio 2012 Petr M. Prusov, professore di tecnologia, “Progettista onorario della Federazione Russa”, vicepresidente dell’Associazione russa degli ingegneri automobilistici, ha celebrato il suo settantesimo compleanno. Nella storia dell’industria automobilistica il suo nome è legato alla creazione del leggendario modello di SUV VAZ-2121, meglio noto come Niva. L’ingegnere è stato insignito con il Distintivo d’Onore, la Medaglia al valore del Lavoro e la medaglia d’oro di Pietro il Grande.
Io sono Prusov
Petr, come viene una nuova idea a un inventore? È improvvisa come un’“eureka”?
No, non lo è. Ho sempre affermato che la Niva fu un successo ingegneristico, non il frutto di un’intuizione improvvisa. All’epoca possedevo già venti brevetti, uno dei quali riguardava una ricerca svolta per il mio istituto per la meccanizzazione dell’agricoltura di Gorodok, un piccolo centro della Bielorussia. Insieme a un mio docente, sviluppai un vibratore idrodinamico che doveva servire per un impianto di lavaggio che ancora oggi viene utilizzato per i sistemi di mungitura in Bielorussia.
Quando, nel 1970, giunsi alla VAZ, non fui immediatamente coinvolto nel progetto della Niva. Inizialmente avevo compiti che riguardavano la supervisione della produzione; avevo l’autorità per interrompere la linea di montaggio e un giorno lo feci. Così, un uomo con una giacca di pelle venne da me, mi chiese conto di quel che avevo fatto e mi impose di riattivare la linea. Io risposi: “No, non lo posso fare. C’è un difetto all’asse posteriore”. E lui: “Ho detto che bisogna riavviare la linea. Sono Zhidkov”. “E io sono Prusov”. Non sapevo che Zhidkov fosse il direttore della produzione…
Fui io a lanciare, in collaborazione con Sasha Miller, il primo prodotto di largo consumo di AVTOVAZ: era un ferro da stiro. Fummo coinvolti in questo progetto quando i responsabili si erano improvvisamente ammalati. Dovevamo lanciare il prodotto a tutti i costi.
Fui io a introdurre la prima modifica al progetto italiano della VAZ 2101 e ciò nonostante il parere contrario della Fiat. Polyakov aveva insistito sulla necessità di mettere in pratica la mia idea.
Come è iniziato il processo di creazione della Niva?
La dirigenza espresse la necessità di costruire un modello di SUV. Vi si applicarono due gruppi, uno dei quali era diretto da me. In realtà, ci furono in origine due diversi progetti.
All’epoca eri già diventato professore di ingegneria?
In realtà, questo è accaduto dopo la presentazione del progetto della Niva, verso la fine degli anni Ottanta. Ero un ingegnere di seconda categoria e sono divenuto ingegnere capo quando mi hanno affidato la supervisione del progetto. Dopo aver concluso la fase progettuale, il modello, denominato VAZ-2121, nel giro di cinque anni entrò nella fase di produzione su larga scala.
Cinque anni per giungere alla produzione vera e propria costituiscono un buon risultato?
All’epoca rappresentavano certo un buon risultato. E ancora oggi non si riesce a far molto meglio.
Ho sentito che vi sono due diverse opinioni su quale sia il vero compleanno della Niva…
Per me la Niva è nata il 5 aprile 1977 e quindi quest’anno festeggeremo il suo trentacinquesimo compleanno. Qualcuno fa invece riferimento all’ottobre 1976, quando costruimmo i primi 50 esemplari, che io definisco “esemplari beta” perché furono creati solo per essere dedicati al congresso del partito comunista.
Qual è l’idea rivoluzionaria applicata in questo veicolo?
Possiamo riassumere l’idea in tre punti: in primo luogo, il telaio monoscocca; in secondo luogo, a differenza di tutti i produttori di fuoristrada che avevano optato per motori di grossa cilindrata e alta coppia al minimo, ci dovemmo accontentare del nostro motore 1.6; infine, per primi sperimentammo la combinazione del ponte posteriore con le sospensioni indipendenti all’avantreno.
Ci furono molte discussioni riguardo all’impianto frenante. All’epoca, la maggior parte dei veicoli fuoristrada era equipaggiata con freni a tamburo, con l’unica eccezione del Range Rover, che presentava i freni a disco sulle ruote anteriori. Decidemmo di montare all’avantreno freni a disco con pinza flottante. La discussione relativa alla soluzione da adottare fu molto accesa, ma Polyakov difese il mio gruppo chiedendo che non vi fossero interferenze nel nostro lavoro.
Chi scelse il nome?
Ho un principio: se voglio che qualcosa accada, butto lì un’idea e aspetto. Così suggerii al nostro progettista Semushkin il nome “Niva”, che significa “campo” e “spazio”, e lui ha accolto la mia proposta. Ma questo nome aveva un altro significato che, però, all’epoca non potei spiegare. NIVA è l’acronimo di quattro nomi. Io avevo due figlie, mentre il progettista capo Soloviev aveva due ragazzi. Così, N stava per Natasha, I per Irina, V per Vadim e, infine, A per Andrey.
Regina dello spazio
Quando è iniziato il boom di vendite?
Un anno dopo l’inizio della produzione, quando divenne chiaro che nessun altro costruttore del mondo poteva offrire un prodotto del genere. Anzi, le esportazioni superarono le vendite interne all’URSS. C’era stato un inverno nevoso in Europa; quando tutti i veicoli europei si fermavano, solo la Niva poteva proseguire: questo fu il vero e proprio boom!
Il risultato è noto: nel 1979 la Niva è stata riconosciuta come uno dei tre migliori veicoli al mondo.
Non do molto peso a queste cose. La banda dei giornalisti non esprime mai giudizi indipendenti, anche se all’epoca nella giuria non era presente alcun rappresentante del nostro Paese.
È vero che la Niva è stata distribuita in 100 Paesi in tutto il mondo?
Sì, è vero. La Niva fu il primo prodotto sovietico a essere consegnato in Giappone; anzi, vi fu consegnato prima che la distribuzione iniziasse ufficialmente. Era molto trendy guidare una Niva con guida a sinistra in Giappone e ancora oggi esiste un Niva fan club. Prima del 1986, la Niva è stata il modello sovietico più venduto in tutti i mercati e nel 1995 fu uno dei tre modelli più venduti in Francia.
È vero che la Niva ha raggiunto anche il Polo Nord?
La Niva è stata in tutti i continenti del globo, compresa l’Artide e l’Antartide. Per più di 15 anni è stata utilizzata alla stazione polare antartica di Bellingsgausen. Nel 1998, non solo ha raggiunto il Polo Nord, ma è anche stata portata sull’Everest sino all’altezza di 5.200 metri. Nel 1999 accompagnò un gruppo di alpinisti in Tibet, raggiungendo la quota di 5.726 metri. Questi record non hanno precedenti, perché nessun altro veicolo su ruote poteva raggiungere queste altezze. Possiamo anche ricordare le numerose vittorie nei rally internazionali, tra cui la Paris-Dakar. La Niva era dappertutto!
Si dice che la Niva sia alla base del prototipo della Suzuki Vitara.
Quando i giapponesi progettarono il primo Vitara, la filosofia costruttiva era davvero molto influenzata da quella della Niva: le medesime prestazioni tecniche; la combinazione del ponte posteriore con le sospensioni anteriori indipendenti; lo stesso impianto frenante.
Possiamo dire quindi che fosse una copia della Niva?
No, la Niva fu utilizzata solo come un punto di partenza. Circa sei mesi prima dell’entrata in produzione del Vitara, alcuni specialisti giapponesi si recarono a Togliatti e mi consegnarono una brochure del loro modello. La dedica recitava così: “al co-autore del progetto del Vitara, dalla Suzuki”.
Le auto non sono come il cognac
Naturalmente, non possiamo non parlare del progetto VAZ-2123 Chevrolet NIVA. È anche questo figlio tuo?
Io ho un motto: “Le auto non sono come il cognac, non migliorano con il tempo”. Per questa ragione, per tre volte abbiamo messo mano a una revisione del progetto della Niva. Ma ogni volta, a partire dal 1995, non trovavamo la necessaria disponibilità finanziaria per realizzare quanto avevamo in mente. A quel punto mi offrirono di occuparmi di un programma di “sopravvivenza” e non più di “sviluppo”. Così, decidemmo di modificare la carrozzeria, lasciando invariati gli aspetti principali della Niva. Quando gli esperti di marketing della General Motors decisero di assumere la Niva come punto di partenza per una nuova operazione, pensai che il nostro “bambino” avrebbe tratto giovamento da questa joint venture. L’unica cosa che mi importava era questa: l’avrebbero amato quanto l’avevamo amato noi?
Oggi posso dire di sì, lo adorano! È stata la prima volta che un grande costruttore è entrato in un mercato in via di sviluppo, promuovendo la crescita di un prodotto locale dopo aver acquistato la necessaria licenza. Fu una situazione unica. Quando mi si chiede cosa io ne pensi, rispondo sempre: è un bene.
Chi guidò la negoziazione dalla parte della General Motors?
Se ne occupò il vice-presidente della General Motors, David Hermann. Successivamente si unirono al progetto Heidi MacCormac e John Mylonas, il primo direttore esecutivo della joint venture.
Quest’anno si celebra il decimo anniversario dell’inizio della produzione della Chevrolet NIVA. Nel corso di questi anni il modello è stato profondamente cambiato. Come giudichi questo sviluppo?
Continuo a credere che sia il miglior prodotto in Russia nel segmento SUV e che possa essere competitivo anche sui mercati stranieri. Credo che l’unico motivo per cui la joint venture non esporta il modello risieda nel fatto che il mercato locale non è ancora saturo. Ma, ancora una volta, le auto non sono come il cognac. Trentacinque anni sono un’eccezione, non una regola!
Entro la fine del 2014 la joint venture costruirà la nuova Chevrolet NIVA e la Lada 4×4. Hai a che fare con questi progetti?
Ho a che fare in qualche modo con entrambi. E ho una mia idea. Come sapete, nel 2011 abbiamo firmato un memorandum su questi progetti. Stiamo però ancora discutendo su come la Chevrolet NIVA dovrà differire dalla Lada 4×4. Saranno molto simili, ma si distingueranno per prestazioni tecniche e prezzo finale. Il marchio Lada 4×4 non scomparirà. Come dicevo, stiamo discutendo intorno ad alcuni problemi, ma io ho una precisa idea in testa e ho bisogno di tempo per mettere tutti d’accordo. Intanto abbiamo almeno trovato un accordo sull’estetica della Chevrolet NIVA.
A quanto ne so, sei l’unico ingegnere russo ad avere una stella personale nella via dedicata all’industria automobilistica mondiale a Flint.
Ho visitato gli Stati Uniti numerose volte. Nel 2008, nel corso di uno di questi viaggi, ho ricevuto una lettera in cui mi si attribuiva un riconoscimento come importante figura del settore automobilistico. Una rivista specializzata avrebbe pubblicato un articolo su di me e avrei avuto una stella tutta mia nell’empireo dei grandi progettisti di automobili. Rimasi talmente sorpreso, che pensai si trattasse di uno scherzo. Più tardi ricevetti una nuova lettera che confermava la pubblicazione dell’articolo su di me e la posa della stella. Per ricevere una copia della rivista, una fotografia, il certificato e una riproduzione in scala 1:4 della stella dovetti spendere 650 dollari, naturalmente non di tasca mia. Un anno più tardi ricevetti il pacco. Lo scorso anno un mio amico è stato a Flint ed ha potuto vedere la mia stella, la numero 58, con i suoi stessi occhi.
Mantieni contatti con partner stranieri?
Sì. Intrattengo ottimi rapporti con la Porsche. Mi invitarono in Germania una volta come supervisore e vice progettista capo. Rifiutai l’offerta, perché non sarebbe mai potuta essere accettata dall’URSS, ma non è stata questa la vera ragione del mio diniego. Quando visito un Paese straniero, dopo un massimo di 20 giorni comincio a sentirmi a disagio e devo rientrare. In Germania ho dovuto pensare al modo dei tedeschi, non è stato facile. Di tanto in tanto visito Stoccarda per ricordare il passato. In Germania, mi è stato anche riconosciuto il titolo di professore emerito del politecnico di Aquisgrana.
Il 5 aprile si celebrerà dunque il trentacinquesimo anniversario dell’inizio della produzione del vostro “bambino”. Cosa desideri per il futuro della Chevrolet NIVA e della Lada 4×4?
Il mio desiderio è che i modelli siano aggiornati e che vadano incontro alla domanda del mercato.